Buongiorno, sono rientrata, ma in cosa non sono sicura.
Non sono rientrata in quel paio di jeans di una taglia ottimistica, né negli orari della sveglia o né nei ritmi di chi mi sta intorno.
Sicuramente però sono rientrata in casa, ho quindi superato il vero momento che annuncia l’inesorabile fine delle vacanze: quando si arriva davanti al pianerottolo e si tira fuori dalla borsa la chiave, la si infila nella toppa e quando gira senza problemi si ringrazia Dio di non aver ricevuto la visita dei ladri in nostra assenza.
A quel punto non conta quante creme idratanti abbiamo spalmato, siamo subito colpiti dal più diffuso effetto collaterale del rientro: la spellatura. Nello specifico, l’abbronzatura si schiarisce e la pelle diventa quella di un serpente anziano, così da lasciare lembi di noi un po’ in ogni dove, a partire dallo zerbino.
Una volta chiusa la porta alle nostre spalle e scrollata un po’ di pelle, la casa sembra vuota e silenziosa quando entriamo con le nostre sette tra valigie, buste e qualche volta cartoni, mentre teniamo la posta accumulata tra i denti perché non abbiamo mani libere.
Invece non è vero: il primo ad accoglierci è il frigo, vuoto se va bene, altrimenti abitato da qualche nuova forma di vita nata dal latte scaduto o dal limone ammuffito.
Segue l’apertura delle serrande e delle finestre in modo da far entrare luce e aria. Detta così sembra una cosa buona, ma l’aria che sostituisce quella stantia è spesso ancora più afosa di quella che avevamo lasciato partendo e la luce ci mostra la fuga dei rotolini di polvere, simili alle palle di erba del deserto del West, che appunto rotolano allegramente sul pavimento e intorno a noi. Importante è non guardare fuori, dove le piante irrimediabilmente secche cercheranno di farci sentire in colpa per averle abbandonate al loro prevedibile destino.
Richiuse le finestre, archiviati i cadaveri delle piante e accesa l’aria condizionata a manetta, la seconda tappa del giro di perlustrazione della casa è il bagno.
Anche il bagno può raccontare delle storie che si sono svolte in nostra assenza, come l’incontro con una strana larva a forma di verme (ma questo lo si scoprirà solo dopo un’apposita ricerca su Google, fino ad allora sarà un orrido verme) che ha eletto l’umidità del water, diventato stagno improvvisato, a nuova dimora in cui si muove con agilità e destrezza.
Ma se per il verme-larva il nostro water è un interessante nuovo habitat, per noi la vista dell’animale orripilante è un biglietto di sola andata per un film dell’orrore dove ci difendiamo a colpi di wcnet versato ovunque, fin nella vaschetta, tra una crisi isterica e l’altra.
Riacquistato il dominio del bagno, smontiamo anche il letto, hai visto mai che la casa, novella giungla, nasconda ancora qualche insidia, e poi ci concentriamo sulle valigie.
Le valigie vengono affrontate secondo due scuole di pensiero: la prima indica nello smontaggio rapido seguito da innumerevoli lavatrici la via della Forza, la seconda, che incoraggia il Lato Oscuro, invece suggerisce di lasciarle nell’angolo poco illuminato della camera da letto e aprirle solo quando ci servirà qualcosa.
Qualora si propenda per la seconda scuola di pensiero, le valigie occuperanno poco tempo e ci si potrà dedicare alla riscoperta e risistemazione della conchetta del divano davanti alla televisione, possibilmente dopo aver ordinato una pizza, perché tornare dalle vacanze stanca, quasi peggio che partire.
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