Non ci posso fare niente, non sono una persona così scontata come sembra, quando si tratta di fare cose stupide non sono come tutti gli altri che si drogano, si ubriacano, mettono la testa nella fotocopiatrice (per non dire altre parti del corpo) o si puntano il laser dei cingalesi negli occhi.
No, io devo fare cose stupide diverse, cose raffinatamente stupide.
Per fare qualche esempio: pagare per farmi mangiare i piedi da dei pesciolini. Ora ditemi voi se sembra una cosa intelligente da fare. Anche perché implica la premeditazione della prenotazione. Cioè, non solo sono entrata nel centro estetico e ho messo i piedi dentro questa vasca piena di pescetti che non vedevano l’ora di fare l’aperitivo con la mia pelle morta, ma mi sono organizzata l’agenda per trovare un giorno e un orario, ho prenotato, e mi sono presentata all’appuntamento. In questo caso la mia frase storica “sul momento mi sembrava una buona idea” non regge, perché ci ho dovuto pensare troppo tempo sopra e quindi devo ammettere senza riserve la stupidità del gesto.
Mentre usufruisco dell’attenuante della sventatezza quando compro delle scarpe con un saldone anche se mi sembra mi vadano un po’ larghe, ma tanto penso che ci metterò una suoletta, e poi mi accorgo che con suoletta, plantare e calzino comunque il tallone esce fuori e il dorso rimane inchiodato sul davanti. Quindi sono mettibili solo nelle occasioni in cui devo andare al cinema o al ristorante e parcheggiamo davanti al locale e non mi conosce nessuno perché ci cammino come un pinguino.
Ma se vado a ben guardare, il fattore temporale non è oggettivamente importante nella genesi delle mie decisioni stupide, nel senso che se mi viene un’idea bislacca tendo a portarla avanti proprio per l’essenza non convenzionale dell’idea, di cui devo difendere la natura originale.
Come quella volta in cui mi è venuto in mente di comprare tre tipi diversi di acqua all’Aloe non avendola mai assaggiata, se non una volta di sfuggita, per scoprire che mi fa altamente schifo in tutte le forme, frizzante, fredda, calda, e soprattutto quando ha i pezzetti di aloe dentro, trasparenti e mollicci, non tanto gradevoli da ingurgitare quando stai bevendo.
Per non parlare di quando mi abbandono alla buona fede, il mio alibi preferito. Un esempio classico è dal dentista che mi dice, tra un “apri forte forte” e l’altro, che non è niente quello che mi sta facendo e io acconsento ad aprire la bocca. Di solito a questo punto mi ritrovo con un aggeggio di ferro pieno di plastica amara che cerca di strozzarmi con la scusa che mi deve “prendere l’impronta”. In questa occasione non c’è scampo, mentre penso forsennatamente che non devo vomitare altrimenti la tortura non finirà mai, maledico la mia ingenuità e anche tutti quelli che mi stanno attorno.
Un altro grande classico è poi la scarpa nuova senza controllare le previsioni del tempo. E tutti sanno che quando ti metti le scarpe nuove piove, sempre. Di solito sono talmente ottenebrata dal desiderio di indossare il nuovo acquisto che mi butto fuori casa senza alzare gli occhi al cielo e portare l’ombrello manifestando ancora una volta uno sconsiderato ottimismo. Magari lo faccio in un giorno che prevede sei appuntamenti in sei angoli diversi della città. Così, puntualmente, viene giù il cugino del diluvio universale sulle mie vecchie speranze e sulle mie scarpe nuove.
Ma riesco ad avere buone performance anche quando decido che è il momento di organizzare il mio hard disk, ovvero mettere ordine tra i migliaia di file inutili che produco continuamente e che duplico di cartella in cartella pensando “poi lo sistemo dopo”. Di solito quando arrivo al “poi” la situazione è talmente incasinata che sarebbe meglio fare finta di niente e buttare via tutto, per poi ricominciare da capo. E’ il pensiero che mi viene sempre anche quando apro l’armadio, ma poi come farebbe la nutria che ci vive?(cfr. un pezzo preistorico….)
Per non parlare della mia decisione di scrivere questo pezzo, che mi costringe a ricordare anche altri momenti più tetri della mia vita, anche cavolate molto più grosse che non ho scritto fino ad ora, e che decido di tenere per me perché a me ormai fanno ridere, ma a qualcuno magari no…
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