Un’immagine estrema realizzata da un artista estremo: Adolfo Wildt, che nel 1927 interpreta la martire Santa Lucia dedicandole un ritratto immaginario che la vede come un’eroina in cui la mutilazione delle orbite vuote, stilema dell’artista, riempie il volto di quella luce che è l’origine del nome della Santa e che la fa festeggiare proprio nel giorno più buio dell’anno.
Si rivolge al cielo, la giovane, in una preghiera accennata dalle labbra aperte, in una posa composta e nello stesso tempo tesa, che racchiude una grande forza emotiva e forse l’ultimo respiro prima di morire.
Un’opera la cui bellezza è nel tratto, che mantiene la propria fresca gentilezza nonostante la tensione del dolore, ma anche nella fusione dell’emotività stessa e della tecnica intensamente moderna di Wildt, che trasforma il marmo in una materia fluida e contemporanea.
Guardando questa Santa Lucia ci sembra di sentire una sommessa invocazione di aria e di Dio insieme, in un simbolico dialogo tra la luce dell’aureola e il buio profondo che sostituisce le pupille.
Santa Lucia rappresenta l’immagine di una donna volitiva, che non cede alla sofferenza e difende fermamente le proprie convinzioni, che accoglie un destino avverso senza abbandonare la speranza e che vince, nel perdere la vita terrena, quella immortale.
Infine Santa Lucia è la Santa che, per tutto ciò, accoglie la preghiera di chi non vede la luce, perché anche nella notte più lunga, se si crede, non si sarà mai soli.
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