Una donna che guarda il cielo con le braccia incrociate sul petto e incatenate ad una roccia: l’allegoria della Pazienza. La personificazione di uno stato d’animo che è anche virtù nella cultura cristiana. La pazienza è la capacità di mantenere la fede e la speranza davanti alle difficoltà e agli imprevisti, di sopportare il sacrificio ed il destino avverso.
Il volto delicato della protagonista racconta quel limite sottile tra la rassegnazione e la disperazione, quella sensazione di immobilità forzata che ci blocca di fronte alle avversità della vita, alle attese delle azioni degli altri.
Una immobilità forzata dalle catene e dalla roccia, simbolo chiarissimo di qualcosa di pesante e indistruttibile, qualcosa che ferma il corpo ma non la mente, che guarda al cielo cercando il momento della liberazione, il momento in cui si potrà andare oltre, uscire dal quadro.
La Pazienza di Carlo Dolci racchiude quindi quel fremito silenzioso che proviamo ogni volta che ci rendiamo conto di non poter superare l’ostacolo e nello stesso tempo di non poter tornare indietro. Il capo inclinato che segue la luce radente segue anche con lo sguardo qualcosa che non si vede ed esprime la speranza che ci permette di rimanere fermi, di non cercare di scardinare le catene, perché ci rende coscienti dell’inutilità della rabbia e della violenza.
Un’immagine senza tempo che però vuole ancorarsi proprio ad esso, indicando la data della sua realizzazione sulla pietra, simbolo del carcere dell’anima, come a voler mettere un punto nella cronologia della storia, a dare un valore al periodo che bisognerà passare nell’attesa.
Così proprio il tempo diventa il vero fulcro del soggetto: la forza della Pazienza non è infatti nella capacità di sopportare, bensì nella perseveranza nel ricordare che la sofferenza non sarà mai eterna, perché la Pazienza ha sempre una fine.
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