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La battaglia di Anghiari. Un fallimento geniale


Leonardo era un genio, ma non era un genio come Michelangelo e Bernini. Questi ultimi erano geniali nel senso che erano arditi, sfidavano le leggi della tecnica e cercavano di superarsi nell’abilità di realizzazione dell’opera. Leonardo era un genio perché era uno scienziato, cercava non di superare se stesso o un rivale, ma la natura.

Questa sfida continua lo portava a rischiare sempre, anche che un lavoro andasse male, come è accaduto per la Battaglia di Anghiari. Leggendario, potremmo quasi dire mitologico, dipinto murale del Da Vinci, quest’opera ci viene tramandata da copie contemporanee o quasi e rappresenta per molti studiosi una sorta di Santo Graal dell’artista perché non se ne conosce con sicurezza la posizione originaria.

La Battaglia di Anghiari quindi è famosa perché avvolta in un’aurea di mistero e perché, dalle copie e dai commenti di coloro che l’hanno ammirata dal vivo, rappresentava uno dei massimi capolavori di Leonardo per la forza compositiva ed il realismo violento dei personaggi. Eppure è stata un errore. Leonardo infatti non volle dipingerla ad affresco, tecnica sicura e collaudata per quel tipo di prodotto artistico, ma volle sperimentare un metodo ricavato da Plinio: l’encausto, ovvero la pittura a olio su parete. La scelta era motivata dai tempi più lunghi di asciugatura, tempi che gli avrebbero permesso di elaborare le figure adattandosi meglio alla sua tecnica figurativa.

Ma proprio i lunghi tempi di asciugatura fecero colare il colore e rovinarono in maniera devastante l’opera. Nonostante Leonardo avesse cercato di rimediare studiando degli appositi bracieri per riscaldare l’ambiente, l’esperimento fallì senza rimedio. L’opera non venne portata a termine, anzi fu coperta anni dopo da un altro dipinto del Vasari, che ne celò anche la posizione portandola dal piano della storia a quello della leggenda.

Un fallimento in piena regola che non fermò Leonardo, un fallimento talmente evidente che non portò semplicemente a ricoprire il muro e a riprovarci, perché il genio era andato già oltre, perché non avrebbe potuto tornare indietro e dipingere ad affresco. Preferì rinunciare definitivamente al progetto e dedicarsi a qualcos’altro.

La forza della creatività sta appunto in questo, cercare a volte l’ostacolo e guardare oltre per superarlo, ingaggiare una gara con se stessi e contro le condizioni che ci bloccano per affermare un’idea, ma soprattutto non farsi abbattere dall’insuccesso, viverlo come una possibilità della prova. La bellezza della Battaglia di Anghiari così non è più solo nell’unicità della sua potenza figurativa fusa con leggenda e mistero, ma è anche nel suo valore di insuccesso non vissuto come fine ma come episodio di un percorso più lungo e dagli obiettivi più importanti.

In questo progetto per alcuni versi fallito la visione complessiva dei propri risultati diventa anche capacità di individuare le priorità reali della propria vita, con uno spirito critico costruttivo che deve essere prima di tutto propositivo.

Leonardo ha provato, ha fallito, ha continuato a riprovare, anche a costo di fallire meglio, ed è per questo che è stato un genio.

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