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L’Amore e le Parche di Ettore Tito


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Ettore Tito è un pittore che lavora a cavallo dell’Ottocento e del Novecento. A guardarlo ricorda Giulio Aristide Sartorio, ma solo se lo si guarda in fretta, in realtà è un artista molto diverso, per alcuni versi più determinato, più scaltro nella sua visione del mondo.

Qui racconta una metafora sull’amore partendo dal mito greco: un Eros bambino, ma non biondo e pacioccone come vorrebbe la tradizione, bensì asciutto e dai tratti mediterranei,  è affiancato dalle tre Parche, le dee del destino, di cui è ben visibile solo la prima, una donna terribile e arcigna, che lo abbraccia e gli indica, guardando nella stessa direzione, dove colpire con il suo arco sottile.

Ai piedi delle divinità, di spalle, un uomo e una donna rannicchiati e nudi, a dimostrare la debolezza dell’umanità davanti all’amore e al destino. Il gesto della donna sembra l’unico atto di ribellione, ritratta mentre con il braccio  allungato cerca di allontanare il giovane dalla megera che lo guida, quasi una sorta di pallida invocazione a liberarsi e a liberare l’uomo. Ma è un gesto senza forza, come il movimento di una sonnambula. Una sonnambula che non vede lo sguardo feroce di Eros,  determinato e freddo, che fissa un punto nell’orizzonte a cui non vuole lasciare scampo.

Quindi l’amore non è una scelta libera, è guidato da mani invisibili, e l’umanità ne è soggiogata e vinta. La bellezza della composizione è nell’invenzione di questa parete di roccia che ospita i personaggi, aggrappati su una idea di verticalità che li fa vivere persi in una dimensione inumana, fatta di vette e aria, dove la frammentarietà del tempo non esiste e i sentimenti degli uomini arrivano solo come una eco lontana.

Bellissimi i corpi, gli sguardi terribili, la profondità in cui si muovono le figure e i drappi degli abiti, che suggeriscono un movimento d’aria gelida, una luce pallida di sole coperto dalle nubi.

Ettore Tito realizza un quadro determinato, nel suo linguaggio dalle pennellate corpose ma precise, nei suoi corpi asciutti che riescono a mantenere però un modello di morbidezza, presenta un’idea che non lascia dubbi, anzi, invita a non avere dubbi: il destino è sopra di noi, nascosto da vette irraggiungibili, guarda e decide, decide per noi.

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