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Il peso del cielo, Atlante di Guercino


Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, Atlante, 1645-46

Condannato da Zeus a portare il peso della volta celeste per l’eternità, Atlante vive un’immobilità forzata che lo assorbe totalmente. Il cielo, contenuto da una sfera, ma notturno e simile ad un mare animato dai segni zodiacali, lo sovrasta con un carico che non può essere concepito dagli umani e che solo un gigante può sopportare.

Punito perché ha scelto la fazione sbagliata nella guerra per il dominio dell’Olimpo, Atlante rappresenta insieme la rassegnazione ad un destino ingrato e la speranza di superare una difficoltà che lo immobilizza, una punizione che sente immeritata ma verso la quale non si dispera né si ribella.

La forza di questo personaggio è doppia perché la usa sia per sostenere il peso reale che la costrizione che lo opprime, ovvero non lascia cadere il cielo anche se potrebbe, perché qualcuno deve pur reggere quella sfera ed è toccato a lui.

La pittura barocca ci regala tanti artisti importanti e bravissimi, tra questi il Guercino che, grazie ad una bottega ricca di apprendisti, lascia un gran numero di opere e ci permette di incontrarlo molto spesso nei musei e nelle collezioni private.

In questo caso l’Atlante dipinto dal Guercino è grande già nella composizione, che occupa tutta, anzi quasi sembra non bastargli lo spazio della tela, ma nello stesso tempo la figura si presenta asciutta, non particolarmente muscolosa, quasi consumata dal peso che porta.

La piega dell’addome esprime lo sforzo doloroso, ma contenuto, intorno a cui ruota tutta la vita del gigante, il drappo rosso lo avvolge con una rigidezza scultorea, pesante e solido come le braccia nude.

E tutto alla fine si risolve nello sguardo concentrato verso il basso, che racchiude il suo dramma interiore: portare sulle spalle il cielo e per questo essere condannato a non vederlo mai.

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