Rossini scrisse un’aria tra le mie preferite che si intitola “la calunnia é un venticello”, racconta come basti seminate un piccolo dubbio, un sospetto, un’infima menzogna, per creare una valanga tale di falsità contro qualcuno da distroggerlo. Il dubbio è visto come uno strumento potentissimo. Serve a costruire palazzi di carta sulle nuvole, a muovere persone verso direzioni impensate, a far perdere la ragione a chi ne ha già poca. Meglio della menzogna, che rischia di non essere mai scoperta, costituisce a volte la base di una relazione stabile. Perché il dubbio ti permette di non andare mai avanti, di non approfondire, di guardare le cose sempre con un occhio possibilista e soprattutto, nella migliore delle ipotesi, di sperare.
Perché, a guardar bene, la speranza si basa sulla certezza del dubbio nella sua versione positiva. Se non so chiaramente cosa pensa una persona, come funziona una cosa, chi ha fatto qualche azione, posso sempre sperare di sbagliare e che le cose prendano la piega che desidero. Vivere nel dubbio diventa quindi una condizione di vita quasi piacevole, che ci permette di crogiolarci nella possibilità e di considerare la realtà dai punti di vista più vari. Solo che questo piccolo gioco che consiste nel trovare la piccola scappatoia alla fine può diventare una valanga. La scelta di vivere sul filo del rasoio, di trovare sempre una strada alternativa per non vedere quello che ci piace e di chiamarla erroneamente “speranza” o “positività” è solo un placebo che rende la vita una simpatica presa in giro di noi stessi. Solo che è difficile non cadere nella speranza di essersi sbagliati, di non aver capito bene, di aver perso una parte fondamentale del discorso. A volte il dubbio di aver male interpretato e’ così dolce che non si può non berne un sorso, e poi un altro, fino a perdere il sapore e a pensare di bere acqua, innocente e purissima acqua. Io sto cercando di smetterla di ubriacarmi con questo nuovo alcolico. Sto cercando di darmi una svegliata, ma credo che la coscienza dei finti alibi che ci diamo alla fine non mi salverà lo stesso, perché io non sono che quello che sono, e la mia debolezza sará la mi rovina.
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