Oggi piove a dirotto, sembra che Dio abbia aperto le cataratte del cielo per punirci con un nuovo Diluvio, e visto che ho già parlato della pioggia, del cambio di stagione, della primavera, che arrivi o non arrivi, e dei malanni di questo periodo ammetto di sentirmi quasi in difficoltà. Ma dico quasi perché il mio oroscopo, cito testualmente, dice: “Con la Luna in ottimo aspetto con Urano, sei molto abile nel far girare il vento. Se c’è un ostacolo, una resistenza individui subito cosa va fatto e come per liberarti la strada. Sorridi, sii mondano, incontra gente, stringi i rapporti che ritieni più importanti.” Ora ho parlato anche dell’oroscopo, quindi la citazione qui la faccio per quella parte sul “far girare il vento”in relazione anche alla mondanità. Potrei abbandonarmi a facili ironie riguardo alle similitudini tra “vento” e metafore scurrili, ma sappiamo tutti che sono una guerriera della battaglia appunto contro la facile ironia e quindi lo interpreterò in senso molto più lato riferito alla mia tosse.
Si, lo so, è un appiglio un po’ labile, ma con l’oroscopo non lo sono forse tutti?
Torniamo quindi alla tosse, piccolo fastidioso pargolo dell’influenza, o meglio del virus senza nome che mi ha fregato tutto il weekend lasciando una scia di fazzoletti sporchi e cattivo umore. A vari giorni dal picco della malattia, quando non ho più scuse per essere asociale e per non andare a lavorare, il morbo stagionale ancora non mi ha abbandonato, anzi, mi ricorda la sua presenza proprio con questa sorta di spia sonora.
Appena smetto di pensarci, o perdo il fazzoletto, o decido di fare una telefonata, o qualcuno mi rivolge la parola, la tosse arriva inesorabile. Anche se costante nel suo essere fuori luogo, non lo è altrettanto nell’intensità. A momenti e secca e sottile, altre volte grassa e sonora.
Spesso arriva quando c’è più silenzio, in modo che si senta forte e chiaro, o quando sta parlando qualcun altro, così che io lo possa interrompere in modo irritante e produrre nuovo livore intorno a me.
A volte non viene fuori accompagnata dal suo amico Raspo, termine orribile che non avrei voluto usare, ma purtroppo rende l’idea, anche in senso onomatopeico, del rumore che si produce quando si vorrebbe parlare, magari rispondere ad un saluto, ed invece si genera un suono gutturale simile a quello dell’uomo di Neanderthal che si rivolge al vicino di caverna.
La notte poi è un altro grande classico. Più si vuole dormire più si è scossi da fragorosi colpi che ti scuotono fino a farti supporre che potrai tirare fuori anche un pezzo di polmone. Credo che sia attratta dal sonno in sé, non è necessario che sia il nostro, spesso arriva infatti anche quando cerchiamo di stare svegli per non tossire e dare fastidio a qualcuno che dorme con noi, in queste occasioni sarà ripetuta e stizzosa appena il respiro dell’altro diventerà quello regolare del sonno e si ripeterà in maniera esponenziale man mano che scendono le tenebre.
Dicono che l’aria secca non aiuti, ma penso anche il naso chiuso e quel catarro che si piazza proprio là, in un punto indecifrabile tra petto e gola, come un serial killer silenzioso, sia il vero problema di questa fame d’aria che ogni tanto mi prende e che si aggiunge al resto della fame che ho normalmente.
Ora vi chiederete perché non faccio qualcosa, perché non prendo le medicine adeguate, sciroppi, pastiglie, integratori. Il problema è che in realtà sono più ottimista di quando si creda, ai primi sintomi spero sia un falso allarme, al consolidarsi del problema mi auguro che passi presto perché penso che sono a metà del decorso, ormai non vale la pena, dopo dieci giorni di agonia mi risolvo ad iniziare la cura, che dura altri dieci giorni e quando finalmente il malanno decide di trasferirsi in un ospite più divertente arriva qualche altro misterioso virus o acciacco a sostituirlo.
Quindi la morale è che è l’ottimismo a farmi ammalare, oltre ai bacilli.
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